La posta
La posta di Pistoia Sport: lettera di un malato di “Pistoiese”
Un nostro lettore ha affidato alle pagine di Pistoia Sport il suo amore, misto a nostalgia, per Pistoia e la Pistoiese. Con la speranza che i playoff, se conquistati, siano un punto di partenza e non di arrivo
Malattia strana quella del nostro Dario, tuttavia comune in una provincia di 236 km². L’amore per la Pistoiese è un sentimento innato ed è difficile starle lontano:
Non è facile vivere lontano da dove sei nato.
Ancor meno facile stare lontano dalla squadra del cuore, quella vera, quella che ci piangevi quando eri bambino e a volte ci piangi anche adesso, a cinquant’anni suonati.
La mia squadra del cuore ha un colore unico, l’arancione, e da molti anni la seguo da lont ano, come un esule, dopo che mi sono trasferito altrove, al nord. Certo, i luoghi mi ricordano la nostra piana e, dietro le colline, anche da qui ogni mattina vedo le montagne. Non sono gli Appennini, è vero, e le Dolomiti friulane son più aspre forse, ma là dove avevo il Libro Aperto ora trovo il Piancavallo. Comunque qualcosa che mi ricorda, ogni mattina, casa mia.
Ci vivo bene quassù, e ogni tanto torno a casa e ritrovo tutto come lo avevo lasciato. Ma lei mi manca da morire. Lei è la Pistoiese, naturalmente. Le volte che scendo in Toscana, a Pistoia, a casa mia, sono sempre domeniche di partita in casa, così unisco l’utile al dilettevole e per qualche ora la mancanza si colma, il cuore si distende e urla, s’incazza, fischia, ride, esulta.
Le altre volte mi tocca guardarla su Sportube – penso d’essere uno dei primi abbonati – e se si gioca di sabato io naturalmente lavoro (gestisco una libreria e il sabato è giorno di apertura) e allora me la vedo mentre servo i clienti che mi guardano talvolta incuriositi, talvolta preoccupati se d’improvviso un repentino pallore si impossessa del mio viso.
Così dopo anni la cosa è risaputa, e c’è chi curiosando tra gli scaffali si ferma dietro di me per guardare una fase particolarmente intensa dell’incontro. Se alza la testa poi, quello stesso cliente non avrà difficoltà a vedere in alto, dietro il banco, il gagliardetto dell’Unione e, qua e là, disseminati in modo del tutto ineffabile ma voluto, adesivi della Nord accanto alla mappa della più bella città del mondo. Un pezzo di casa che mi tengo costantemente accanto, per respirare Pistoia e tutto quello che contiene. Anche lei, che ho cominciato a seguire in modo regolare almeno dal campionato di serie C che ci vide tornare in B dopo quasi trent’anni, nel Settantasette.
Mamma mia, che ricordi: Gattelli e Palilla, poi Brio e Volpato e ancora Di Chiara e Borgo e in porta Lido Vieri con Bolchi in panca che ci apre la strada verso un sogno. Da allora divenni suo, fu amore a prima vista e ancora dura.
Nel Settantotto iniziai anche a andare al Comunale. dapprima timidamente, in gradinata insieme a Davide, un ragazzo con qualche anno e molto più senno del sottoscritto, poi, una volta rotto il ghiaccio, in curva Sud o curva Carceri, come la chiamavamo con gli ultras.
Mi stregavano i tamburi e le torce e quei fumogeni di un arancione così denso che, pensavo ogni volta, li hanno inventati apposta per la Pistoiese!
Nel Settantanove fu l’Udinese a andare in serie A, col Cagliari e il Pescara – e noi quinti, ma fin quasi da ultimo in odore di promozione – l’anno dopo fu il nostro turno e quella gioia infinita la sento ancora scorrere come brivido sulla pelle, come quando arrivammo a Firenze da “cugini di campagna” e tornammo a Pistoia da vincitori dopo i gol di Rognoni e di Badiani, il 18 gennaio dell’Ottantuno.
Poi il tempo è passato, e gli sportivi arancioni conoscono bene tutta la storia. Cadute, risalite, ancora cadute, ma mai domi, mai finiti.
Oggi la Pistoiese sta attraversando un cammino tranquillo, tutto sommato, memore degli splendori del passato, ma vogliosa di tornare a fare bene, a crederci ancora. Oggi la Pistoiese guarda al futuro in una situazione di relativo equilibrio economico che è fuori dal comune di questi tempi, diciamolo. Certo, tutti noi malati di Pistoiese vorremmo un Melani bello e restaurato proprio com’era una volta e gremito di gente sbandierante e vociante. Non è questo il tempo, ma forse questo può essere il tempo per preparare un futuro più degno per la nostra squadra.
Quel futuro, io penso, anzi, io sento nel mio cuore arancione, può partire proprio da questi playoff che potrebbero aprirci se non altro uno scenario diverso in tanti, troppi anni passati senza il brivido estremo della Vittoria.
Proviamoci, ragazzi, forza Arancioni, forza Pistoia, stiamo uniti e crediamoci!
Tutti a Grosseto, per una nuova avventura!
Dario Briganti