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Basket / Serie A

PalaRubini di Trieste: luogo d’incontro tra culture diverse, cestistiche e non

La provincia più sportiva d’Italia può vantare un palazzetto, il PalaRubini o Allianz Dome, che ben identifica la vocazione giuliana di città di confine. Ecco dove giocherà domenica il Pistoia Basket

I tavoli dei caffè del centro, nelle strade che portano alla Cattedrale di San Giusto con la sua vista sul golfo mozzafiato, ispiratore di Italo Svevo, Umberto Saba e James Joyce sono lontani appena qualche chilometro. Così come l’università dove Margherita Hack ha insegnato una vita. Delle mille anime di Trieste, città sfaccettata ed eternamente affascinante, il quartiere Valmaura con il PalaRubini (ora ribattezzato dallo sponsor Allianz Dome) offre probabilmente quella che ha portato il capoluogo giuliano ad essere la provincia con il più alto indice di sportività nel 2018 (dati Sole 24 ore). Risalendo dal (buon) 13° posto dell’anno scorso e togliendo il primato a Trento. La cittadella dello sport con PalaRubini, il mitico Stadio Nereo Rocco e il vecchio Stadio Giuseppe Grezar racchiusi in un fazzoletto provano a portare anche qui quella vocazione mitteleuropea che a Trieste si respira un po’ ovunque. Anche nel periferico quartiere sulla strada per l’Istria, tristemente noto per la Risiera di San Sabbia, unico campo concentramento italiano.

Trieste, città di confine, città contesa, per questo da sempre orgogliosamente sospesa tra più mondi e più culture. Anche sottocanestro ora porta d’ingresso italiana sulla grande scuola cestistica slava di cui respira il vento, ora rifugio negli anni terribili della guerra che ha dilaniato l’ex Jugoslavia di molti figli dei Balcani del basket.

Pensare ai canestri triestini è pensare agli anni d’oro della Stefanel, a Gregor Fucka e a Dejan Bodiroga lanciati insieme a Del Pol, Pilutti e Cantarello da Boscia Tanjevic che abbattè il confine geografico sulla meglio gioventù del nord est e con l’arrivo di Nando Gentile portò Trieste ad un passo dallo scudetto. Scudetto che arrivò qualche anno dopo, ma a Milano, quando lo sponsor modiaiolo portò tutti nella metropoli lombarda per dissapori legati anche alla costruzione di palasport nuovo. Quella grande squadra, ma anche il ciclo Illycaffè non giocavano al PalaRubini, inaugurato nel 1999, dove l’Oriora giocherà in serie A per la prima volta a 21 anni di distanza dalle ultime sfide tra Pistoia e Trieste nel massimo campionato. Correva l’anno 1996/ 1997 e la Rolly di Vujosevic e Friso con Crippa, Minto e Irving Thomas battè due volte la Genertel che salutava la serie A, per poi tornarci pochi anni dopo fino al fallimento nel 2004. Per Pistoia non è l’esordio assoluto nel grande palazzetto triestino, visto che con le due nuove società le due piazze si sono incontrate in B1 e Legadue nella stagione 2012/ 2013 dove i biancorossi di Moretti batterono la (anche lì) matricola giuliana e bussarono alla fine alle porte del paradiso.

Il PalaRubini è un palazzetto che ha sempre cercato di precorrere i tempi. Uno dei primi palazzetti d’Italia a superare i 7000 posti (la capienza per lo sport è 6943), da due anni è gestito direttamente dalla Pallacanestro Trieste a cui il Comune ha dato la gestione per nove anni. Un caso abbastanza raro a cui guardano molte realtà, visto quanto “scotta” (soprattutto a Pistoia) il tema impianti. Canone annuo della società da versare al comune che in cambio dà una quota di entrate pubbliche che diminuirà nel corso degli anni. Un accordo in cui l’arrivo di sponsor importanti come Alma (agenzia per il lavoro, primo sponsor della squadra) e Allianz (che dà il nome all’arena) hanno giocato o comunque giocano un ruolo importante. Regali firmati Allianz sono ad esempio il nuovo parquet chiarissimo che ha sostituito quello scuro degli anni scorsi, su cui Cavaliero e soci hanno costruito la promozione in A1. Un parquet- si dice- in stile Nba che accomuna il PalaRubini all’Oracle Arena, tempio di Golden State Warriors. Insieme al fondo è arrivato anche il segnapunti calato dal soffitto con 4 megaschermi, al passo con i requisiti che permettono all’impianto triestino di ospitare competizioni internazionali. Insomma una cornice perfetta per tornare grande.

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Innamorata delle parole, che sono centrali nella sua “dolcemente complicata” vita professionale. In primis per raccontare il basket e lo sport, dalle colonne de Il Tirreno (con cui collabora dal 2003) alle pagine web di Pistoia Sport (che ha contribuito a fondare). E poi come insegnante di italiano agli stranieri.

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