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Basket / Serie A

Pistoia Basket-Vuelle Pesaro, lo spunto tattico: cosa non ha funzionato nel finale

Gladness in azione contro Blackmon

Alcune scelte sbagliate negli ultimi minuti sono costate la vittoria al Pistoia Basket: dalla poca pressione in difesa di Kerron Johnson alla panchina di Gladness

La sfida tra Pistoia Basket e Vuelle Pesaro è stata una lunga battaglia, in cui le due squadre hanno cambiato pelle e faccia più volte dentro la partita. Una sorta di battaglia a scacchi tra i due allenatori, che hanno trovato anche alcune risorse inaspettate da parte delle proprie pedine. In una partita finita punto a punto però è giusto concentrarsi sugli ultimi minuti della partita, cercando di analizzarli per capire cosa Pistoia avrebbe potuto fare meglio per vincere. In particolare ci sono due possibili vantaggi che la OriOra non ha sfruttato a dovere o comunque ha scelto di non massimizzare come invece avrebbe potuto.

Il primo, più evidente, riguarda l’incapacità della squadra di sfruttare l’uscita per cinque falli del playmaker pesarese Artis, sostituito da Monaldi. Il regista italiano di Pesaro quando era entrato sul parquet del PalaCarrara in precedenza aveva dimostrato di soffrire l’energia, la fisicità e la pressione di Della Rosa. Negli ultimi cinque minuti però Kerron Johnson non lo ha mai attaccato quando palleggiava, permettendogli di costruire senza particolari affanni, preoccupandosi più di tenere una posizione migliore per portare aiuti o per evitare di essere battuto sulla possibile penetrazione. Così facendo però K.J. e dunque Pistoia hanno evitato di attaccare quello che era a tutti gli effetti il più logico punto debole della VL in quei minuti finali.

L’altra situazione riguarda l’assenza di Gladness sul parquet nei minuti finali, panchinato in favore di Auda. Coach Alessandro Ramagli con questa scelta ha voluto più che altro sistemare alcune cose in attacco, rischiando e pagando dazio però in difesa. Da una parte si è evitato che la squadra diventasse troppo prevedibile con i continui palloni in fondo all’area pesarese per cercare i suoi lunghi, senza poterne utilizzare almeno uno sul perimetro per aprire il campo e la difesa avversaria. Al tempo stesso però Pistoia senza Gladness non è più riuscita a proteggere con efficacia il ferro, lasciando spesso spazio per le penetrazioni di McCree e Blackmon che si buttavano dentro senza troppa paura, oltre ad un deficit evidente in termini di rimbalzi. Senza il longilineo pivot nativo Birmingham l’OriOra ha faticato a contenere le carambole e il punteggio del quarto periodo vinto da Pesaro 12-3 la dice lunga su quanto Pistoia abbia sofferto nel finale da questo punto di vista. Inoltre, considerando le difficoltà di Pesaro dall’arco dei 6,75 (3/17), preoccuparsi di proteggere meglio l’area avrebbe dovuto essere quasi un imperativo per la squadra di Ramagli che invece proprio lì ha pagato dazio negli ultimi possessi.

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Originario di Montecatini, giornalista, dal 2005 scrive su Il Tirreno e dal 2014 anche per Pistoia Sport. Ama in maniera viscerale lo sport e le sue storie. Nel tempo libero cerca di imitare le gesta sportive dei campioni, con scarsi risultati. Tattico "ad honorem" della redazione.

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