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Amarcord

Quel maledetto 16 settembre 2013: non ti dimenticheremo mai, Teo

5 anni fa la tragica morte di Matteo Bertolazzi, vero e proprio simbolo del Pistoia Basket. Il ricordo di Teo firmato Elisa Pacini

Una telefonata, quella maledetta notizia che non vuoi accettare. Che sembra impossibile ma che è tragicamente vera. Un pugno nello stomaco, una fitta dentro. Iniziano i comunicati ufficiali, tutto il basket italiano esprime cordoglio per la morte di Matteo Bertolazzi. Le istituzioni della sua città, Parma, e di tutte quelle che hanno avuto il piacere di vederlo giocare tra cui Pistoia con cui c’è sempre stato un legame particolare. La Nazionale Italiana, impegnata negli Europei in Slovenia, annuncia di giocare col lutto al braccio.

Sono passati cinque anni da quel terribile 16 settembre 2013 ma sembra ieri. Ce lo ha detto Gianni Bertolazzi a giugno, nell’occasione del Seven for you days. Con quella tempra forte che è la stessa di Teo. Fino a che non si abbatte un uragano.

Quell’uragano, la leucemia, contro cui Matteo Bertolazzi ha lottato come un leone. Lui, guerriero del campo e della vita.

Non è solo in questa battaglia: c’è la sua bellissima famiglia, ci sono i suoi amici e ci sono i suoi tifosi sparsi per lo stivale dei canestri. C’è una città dove non è nato ma dove è una specie di figlio adottivo, il Pistoia Basket dove è arrivato a 25 anni con quel sorriso del ragazzo che giustamente vuole spaccare il mondo.

In pochi mesi diventa l’idolo della curva, dopo una sola stagione è lui il capitano e lo resterà fino a che le strade sportive non si separeranno per quattro stagioni. Cresce insieme ad una città che, come lui, ha voglia di grande basket. Che insieme a lui sogna di essere grande. E ci riesce, in quella magica notte di Osimo. Nella sperduta campagna marchigiana, dove arriva l’odore del mare, la Pistoia di capitan Bertolazzi rientra nella porta principale del basket. Ritrova la serie A, è la Legadue ma dopo tanti anni di purgatorio- dorato, intenso, sofferto e necessario- è come un concerto di Bruce Springsteen quando sei abituato al liscio rivisitato delle feste dell’unità.

Da Pistoia, Matteo parte nell’estate del 2008. Dieci anni fa esatti, per una di quelle “scelte tecniche” che spaccano la piazza. Ma che non rompono il legame forte con una città che grazie alle sue triple ha ricominciato a correre. Corre, Pistoia, corre e il capitano non può essere che l’amico di sempre di Teo, Fiorello Toppo. Un altro giocatore mito di una generazione. Quello che, ogni volta che gli si nomima Teo, dice semplicemente che in campo gli ha insegnato quasi tutto.

Uomini veri, amici di tutti, giocatori fondamentali per la crescita di una città che si riscopre innamorata dei canestri. Pistoia corre, nella primavera 2013 è un Frecciarossa lanciato alla gloria. Ma qualcosa la distrae. Sono quelle notizie che arrivano dall’Emilia, prima sussurrate, poi ufficiali perchè è lo stesso Teo che non si nasconde. Che non nasconde la partita più difficile che sta combattendo. Da una stanza d’ospedale da dove tifa Pistoia nella corsa verso la serie A. E la serie A arriva, giugno 2013. Altra serata magica, come la notte di Osimo.

L’estate è naturalmente un’altalena di emozioni: il mercato, le conferme, le partenze tra cui quella più incredibile. Capitan Toppo non farà parte del roster del primo anno di quella A1 che si è conquistato sul campo. La fascia allora non può che andare a Giacomo Galanda, il Gek Nazionale mentre Pistoia sogna il grande ritorno. Ci siamo quasi, la squadra è pronta. Raduno, preparazione, primi allenamenti di una squadra da sogno.

Pistoia è concentrata sulla ripartenza quella mattina del 16 settembre. Una mattina che cambia tutto. Perchè il guerriero si è arreso, il sorriso di Teo non c’è più.

Il dolore è immenso, il vuoto impossibile da colmare in giorni, mesi, settimane. Per questo da subito Pistoia si compatta nel ricordo del suo capitano, prova a farci i conti così. Per provare a scacciarlo, a nasconderlo ma il dolore non va via. In poche settimane la proposta dei tifosi biancorossi di ritirare la maglia numero 7 e di intitolargli il campino dell’Arcadia, raccoglie centinaia di adesioni. La società biancorossa e il Comune abbracciano le iniziative e nell’estate 2014, un ulivo incornicia il rinnovato “capino Bertolazzi”. Il sette guarda dalla volta del PalaCarrara tutto quello che succede intorno ai canestri pistoiesi. Quel sette che è dentro tutti noi.

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Innamorata delle parole, che sono centrali nella sua “dolcemente complicata” vita professionale. In primis per raccontare il basket e lo sport, dalle colonne de Il Tirreno (con cui collabora dal 2003) alle pagine web di Pistoia Sport (che ha contribuito a fondare). E poi come insegnante di italiano agli stranieri.

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