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Scompiglio si racconta: «Penso solo a tenermi in forma e vincere»

Scompiglio

Intervista a Jonatan Bartoletti, in arte Scompiglio, fantino pistoiese fuoriclasse del Palio di Siena. «La Giostra? Il più tardi possibile» dice sorridendo

Quando abbiamo incontrato Jonatan Bartoletti, in arte Scompiglio, ci è parso di tornare per un momento indietro nel tempo: le strutture medievali del Rione del Drago, la natura, i cavalli e la vita nel suo maneggio, dove passa il tempo quando torna a Pistoia, dove tutto è iniziato all’età di 16 anni.

Conversiamo sul palio e bruscamente siamo riportati al presente. Quello che traspare – più che l’amarezza per il Palio perso a luglio all’ultima curva con la Chiocciola, digiuna di vittorie dal 1999 – è la grandissima sete di vittoria e voglia di riscatto, anche dopo dopo 12 anni di carriere a Siena, a cui si presentò subito col botto, vincendo all’esordio col Leocorno il 16 agosto 2007.

Bartoletti, ha avviato i contatti con qualche contrada per il Palio di luglio?

«Certamente. Questo Palio è molto particolare: ci sono tre contrade squalificate (Nicchio, Tartuca e Oca). Ne estrarranno sei invece di tre, perciò ci sono in programma varie cene o feste di Natale in cui si hanno i primi contatti. Gli inviti non mancano»

I contatti sono più caldi con le contrade che conosce meglio, oppure è in contatto un po’ con tutte?

«Ogni fantino giustamente ha le proprie contrade di riferimento, ma comunque per fare questo lavoro si deve essere aperti a tutti, anche al Bruco che ha appena sciolto l’ingaggio ufficiale con Brio»

Per chi non vive a Siena, è difficile spiegare l’atmosfera che c’è intorno al Palio 365 giorni all’anno…

«Per loro è un vero e proprio modo di vivere, non è una festa storica. La sera si va a prendere un caffè nel bar della contrada e se c’è qualche difficoltà ci si aiuta. A Siena vivono la contrada tutto l’anno: è più che una famiglia ed è difficile da spiegare a chi non ne fa parte»

Un’attesa che inizia a sentire pure lei, visto che vorrà dimenticare il 2019 il prima possibile

«Sicuramente, ma purtroppo la vita del Palio è cosi: 30 centimetri fanno la differenza. Per i contradaioli della Chiocciola poi, che non vincono da vent’anni, è stato tutto più amaro. Anche il Bruco ad agosto ha avuto una bella fregatura, però in Piazza va così: conta solo chi vince. Il secondo e il terzo non contano niente».

E’ ancora convinto di guardare solo al cavallo o la prossima volta starà attento anche alle rivali che ci saranno in Piazza?

«Beh, ad agosto sapevo già che i cavalli che più mi piacevano non avrei potuto montarli. Perciò sono stato obbligato ad andare nella Torre, sapendo che la cavalla sarebbe stata nervosa in partenza. Alla fine i nostri sono rapporti anche lavorativi e bisogna rispettarli. Voglio sottolineare che l’ho fatto molto volentieri, l’esperienza con loro è stata davvero bella»

A proposito di cavalli, ce n’è qualcuno che vede in rampa di lancio per le prossime Carriere?

«Ce ne sono diversi però quelli più giovani dovranno passare diversi step. Prima del Palio dovranno fare un anno di corse e passare molte visite veterinarie. Tra quelli più esperti vedo comunque un bel lotto».

Ci racconti la preparazione fisica per fare questo lavoro, come si prepara un Palio e come si tiene in forma?

«Per fare il professionista l’attenzione al tuo corpo deve essere massima tutto l’anno. Questo è il periodo in cui si risolvono gli acciacchi e si programma la preparazione che inizierà a gennaio, ma non ho comunque smesso di andare a correre e seguire la dieta. ho la fortuna di fare della mia passione il mio lavoro e questo mi ha sempre dato una marcia in più e non mi fa sentire più di tanto la fatica»

Quindi è un lavoro che non permette mai pause…

«No. Magari in autunno gli allenamenti e le cavalcate rallentano, ma non smetto mai del tutto».

Non dev’essere facile per un non-senese affermarsi. Quanto porte le ha aperto la vittoria all’esordio?

«Se non avessi vinto subito forse avrei già dovuto smettere. Quella vittoria è stata fondamentale, però lo scetticismo non l’ho del tutto scacciato dopo quel trionfo. Anche oggi a Siena conta chi sta vincendo tanto nell’ultimo periodo. Non pensano più di tanto al passato o ai record, conta il presente».

Chi erano i suoi modelli prima di iniziare? Per esempio Aceto o Cianchino…

«Chiaramente Aceto è stato unico: ha cambiato il Palio, non si vincono 14 Palii per caso. Ha vinto l’ultimo quando aveva più di cinquant’anni (luglio 1992 con l’Aquila, ultimo successo della contrada in giallo ndr). Però io ho sempre cercato d’imparare da chi era bravo in partenza, che è fondamentale nel Palio. Ovviamente l’allenamento e la conoscenza delle traiettorie sono basilari, ma lo scatto al canape è la prima priorità».

Com’è che ha iniziato a correre?

«Ho lavorato qualche anno in un vivaio per mantenermi, ma a cavallo sono sempre andato. Quando poi ho deciso di dedicarmi del tutto alla professione sono andato a Siena qualche mese nella scuderia di un ragazzo che già correva. Dopo poco la Selva si è interessata a me e dal 2004 al 2006 mi hanno fatto fare diverse prove. Però in quei tempi spesso avevano in sorte cavalli esperti, quindi non se le sentivano di farmi montare nel Palio vero e proprio. A fine 2006 m’infortunai e temevo di ritirarmi del tutto. Andai a fare il Palio di Asti e mi feci rivedere, così mi chiamò il Leocorno e dopo diverse titubanze, alcuni volevano scaricarmi dopo l’ultima prova, montai per il Palio d’agosto 2007. In otto mesi sono passato dal pesare al ritiro alla vittoria».

E la Giostra dell’Orso?

«Ho iniziato con la Giostra grazie a Bruschino, che mi è stato vicino fin da piccolo. Sono sempre stato in ottimi rapporti col Rione del Drago, miei dirimpettai, e lo sono tuttora visto che ci corre mio nipote. La Giostra è molto diversa dal Palio: entri nella sua atmosfera una ventina di giorni prima di luglio e il giorno dopo finisce tutto. Però è bello che ci sia, nonostante i molti problemi coi quali convivono i proprietari e gli allevatori. Con quel che costa, è davvero bello che la tradizione sia ancora viva».

Ha seguito anche le edizioni con il nuovo regolamento?

«Sì le ho viste ed era logico che facessero quelle modifiche. La sicurezza deve sempre essere il primo obiettivo. Però mi preme dire che noi allevatori siamo i primi a vigilare su quest’aspetto. Purtroppo ci sono troppe persone che pensano che andiamo a fare la Giostra o il Palio per far del male agli animali. Ma se fosse vero, allora che senso avrebbe per noi accudire e mantenere i cavalli? Queste manifestazioni mettono a rischio il nostro fisico, il nostro tempo e anche i nostri investimenti. I primi a soffrire per un incidente siamo noi, mica andiamo a fare un aperitivo se succede qualcosa all’animale! Le amministrazioni comunali hanno già fatto tanto a obbligare i proprietari a passare dagli staff veterinari prima di una manifestazione. Quando iniziai sia a Pistoia che a Siena non c’erano tutti questi controlli e queste precauzioni. Poi l’incidente purtroppo può sempre capitare».

Sarà stato difficile leggere tutti quei commenti dopo l’incidente al Palio Straordinario del 2018 (Scompiglio cadde col castrone Raoul e fu ricoverato per una notte all’ospedale. Raoul purtroppo fu soppresso per una frattura inoperabile)…

«Ho ricevuto troppe critiche ingiuste. Io sono svenuto e ho passato una notte in osservazione, che potevo fare? Quanti cavalli, anche qui a Pistoia, abbiamo salvato dal macello dopo che all’ippodromo non avevano più futuro? Sai quanti incidenti capitano in quegli ambienti? Ma su Internet parlano solo delle tragedie al Palio o alla Giostra. Internet e i telefoni stanno distruggendo il mondo: la gente guarda un video e non capisce cosa c’è dietro. Addirittura ci sono dei soggetti che vanno a farsi un selfie nei luoghi di un omicidio… Le corse dei cavalli e non solo ci sono sempre state, dovrebbero essere bandite tutte per un rischio anche minimo di imprevisti? Bisogna convivere con quest’insicurezza per fare carriera in questo mestiere».

Obiettivi a lungo e medio termine di Jonatan Bartoletti.

«Al Palio c’è un unico obiettivo: vincere. Poi sono scaramantico e non voglio pormi limiti. Diciamo che mi dispiacerebbe ritirarmi col bottino fermo a cinque».

La doppia cifra?

«Difficile, però sarebbe davvero bello giungere a un livello simile».

Come se la immagina la vita dopo il palio?

«Per il momento non me la immagino. Penso solo a tenermi in forma e a vincere. Ho trentotto anni, però fisico, cuore e mente mi sostengono ancora in questo lavoro. Saranno loro a farmi capire quando smettere. Temo solo uno scenario: non poter più montare i migliori cavalli. Preferirei stare a casa che scendere in Piazza per fare figuracce».

Intanto qua a Pistoia ha un bel maneggio dove rifugiarsi…

«Qui torno sempre verso settembre. Principalmente domo i puledri e preparo i più giovani per le gare primaverili. Il luogo è davvero l’ideale, poi non è nemmeno lontano dal centro città… A Monteriggioni invece ho una struttura più grande, ma la prendo in affitto stagionale».

Ma alla Giostra dell’Orso la rivedremo?

«Perché no? Però spero succeda il più tardi possibile!».

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Classe '93, laureato in scienze politiche, studi in comunicazione. Appassionato di sport fin dalla tenera età. Tra le discipline più seguite i motori, il ciclismo e ovviamente il calcio.

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