Connect with us

Basket

A Pistoia finisce un’era: Fiorello Toppo dice basta col basket

Fiorello Toppo, storico capitano biancorosso, si ritira: «Il Basket mi ha dato tantissimo»

La fine di un’era. Nessuna esagerazione, il ritiro dal basket giocato di Fiorello Toppo è più o meno questo per la Pistoia dei canestri di cui in 20 anni è diventato un pilastro, un simbolo, un esempio dentro e fuori dal campo. Correva l’anno  2002, 20 anni fa esatti, Pistoia è neopromossa in B1. Un anno sulle montagne russe da cui è costretto a scendere il giovane coach, un trentenne Fabio Bongi, poco più grande di capitan Bassi e di molti dei giovanotti che fino al derby di ritorno, tallonano la futura promossa Montecatini in testa. Al PalaTerme arriva una sconfitta sul filo di lana, la beffa dell’aereoplanino di Gabriele Niccolai e Pistoia si inabissa fino a salvarsi ai playout.

Comincia da qui la storia di  questo ragazzone dai capelli al vento, pelle d’ebano e accento romano che non passa inosservato. Non solo perché gli stuoli di fans movimentano l’allora PalaFermi, desertificato dalla perdita qualche anno prima dell’A1. L’esplosività, la potenza di Toppo fa breccia nel cuore della Pistoia biancorossa che se lo va a riprendere a Riva del Garda nel 2005, dopo due anni di “cure” di quel coltiva talenti che è Marcello Billeri. Il salto tra i prof per quel ragazzo partito presto da Roma, era iniziata negli anni in cui a Roseto si va più al palazzetto che al mare . Poi ci saranno Barcellona Pozzo di Gotto e Livorno (sponda Pielle) ma la favola vera di questo ragazzo come noi, che in A1 ci riporta a suon di punti e di umanità, Toppo la scrive a Pistoia. Che diventa la sua casa, per stare vicino alle donne della sua vita (Alessia e Bianca) ha giocato a Bottegone negli anni d’oro della B, ha chiuso salvando il Dany Quarrata in C Gold dopo quattro anni ricchi di affetto ed amicizia.

Palpabili nella bella festa che la società di patron Giuntini gli ha tributato al PalaMelo qualche giorno fa dove giocatori, staff, dirigenti e tifosi hanno indossato le magliette con quel “Grazie Fiore”, che è l’abbraccio di un’interà città.  In cui per intere generazioni di baskettari pistoiesi sarà sempre “il” capitano, il simbolo di un sogno che riparte. E’ cresciuto col biancorosso addosso, Big Fiorello è stata la colonna a cui il Pistoia Basket dopo gli anni duri e coraggiosi della rinascita post Olimpia, ha attaccato una nuova bandiera. Ci ha spinto verso una scalata che è stata la sua, guadagnandosi tutto sul campo. Solo così arrivi all’esordio meritato in Legadue a 27 anni, conquisti l’A1 a 33, anche se poi manca la ricompensa di giocarla. Dopo nove anni ancora è difficile capire il perché. Già così ci si potrebbe scrivere un film, o una canzone. «Era l’anno dell’A1, quella del 2013, Fiorello Toppo era un ragazzo come noi» …oppure in questi giorni in cui in cui l’amarcord comanda i giochi e ci obbliga a diventare fare i conti anche con il nostro tempo che passa, ci sta di più …. «Ah da quando Fiore non gioca più…non è più domenica».

 «L’idea del ritiro- ci dice Toppo, 42 anni a giugno e la grinta di un ragazzino, la stessa in A2 o in C- l’ho maturata da un po’, gli impegni extrasportivi sono tanti, l’età avanza e per dare al meglio il mio contributo dovevo prevedere almeno 2-3 allenamenti individuali più quelli con la squadra».

«E poi la mì bimba cresce e voglio seguirla in tutto»- ci dice, impastando di toscano il suo romanesco naturale pur da romano atipico. Si definisce un “cittadino del mondo” Fiorello Toppo, nato ad Asmara , cresciuto nella capitale, spinto su e giù per lo Stivale per amore della palla a spicchi. “Pistoia? – qui ho vissuto tante emozioni. C’è la famiglia che ho costruito. La vivo con apertura, mi piace vedere cosa c’è intorno  ma quando imbocco il casello dell’autostrada so di tornare a casa».

«Il basket rimarrà nella mia vita anche nel futuro, magari in un’altra forma» ci dice ancora in una chiacchierata in cui hai voglia a provare a chiedere le vittorie più belle. Non sono queste, quelle che finita la gara col Cus Pisa, l’hanno fatto cedere all’emozione senza riuscire a trattenere le lacrime. «Il basket mi ha dato l’opportunità di conoscere tante persone fantastiche- sottolinea- è stato un viaggio è stato così bello grazie a tante persone fantastiche che questo sport mi ha fatto conoscere, che voglio che continui».

Non si sa se rimarrà a Quarrata (“a loro sarò sempre legato da una grande amicizia”), se rispolvererà la tessera da allenatore che lo portò, tra l’altro, nello staff tecnico del Pistoia Basket Academy nell’indimenticabile 2015 dello scudetto conquistato dall’ Under 17 e da quello sfiorato dall’Under 19 di capitan Della. Potrebbe fare tutto: ambasciatore della nostra basket city lo è per acclamazione popolare da sempre. Sicuramente aiuterà chi  gli darà la possibilità di portare agli altri il suo basket: divertimento, sacrificio, amicizia. Sport che unisce, come ha sempre detto il suo padre putativo Roberto Maltinti e come lo intende anche il suo erede in biancorosso. Gianluca Della Rosa. “Sono contento dei risultati di Pistoia e sono contento per Gianluca- dice- un ragazzo fantastico, il simbolo di questa squadra, il volto giusto per la ripartenza. In campo dà sempre tutto ma è fuori che in questi anni è cresciuto tantissimo. Spero che i ragazzi continuino a divertirsi e farci divertire nei playoff ma io personalmente ho un sogno che è quello di legare di più tutte le compagini del basket pistoiese, dalle società più grosse a tutti i settori giovanili. Era il sogno di Roberto? Sì, lui ci ha dato uno spirito che deve essere messo in pratica”.

Lui lo fa da sempre. Tra i tanti messaggi d’affetto scritti sui social ce n’è uno particolarmente significativo. “Mio figlio si è appassionato al basket a vederti giocare a Pistoia. Averti ora come compagno di squadra è stato un onore”, scrive  Arianna, mamma di uno dei giovanissimi della primavera del Dany Quarrata aggregati alla C.  “Il mio basket è divertimento- ripete lui- lo è sempre stato fin da quando mi allenavo ore ed ore, spesso sui canmpetti all’aperto con Roberto Castellano a Roma. E’ stato così quando è diventato un lavoro e con i ragazzi che mi hanno riempito gli ultimi anni nelle cosidette minors, che mi hanno passato lo stesso desiderio, l’impegno, la voglia di stare insieme. Non mio considero un campione ma un giocatore operaio, ho sempre cercato di fare quello che era necessario per la squadra. E così, la passione è la stessa in Nba o in Uisp”.

Fiore, che regalo per tutti noi. Fiore, il capitano che incontri al campino, che gioca nel Drago al torneo dei rioni, che si diverte con i bambini dei camp estivi. Che gira in bicicletta. Fiore e lo “zigni”, lo spezzatino eritreo preparato dalla mamma per i compagni di squadra. Fiore e le paste della domenica a casa Giani con il mitico Franco, babbo della sua Alessia, che diventa il “presidente” del suo fans club non ufficiale. Fiorello e le canzoni di Macy Gray, il tifo per l’Inter, gli amici sparsi per il mondo grazie a quella palla che dai campetti di Roma Nord l’ha portato in alto. Si dice fortunato per tutti i compagni di viaggio avuti, di aver chiuso nel basket ruspante delle minors. E loro che hanno giocato con il capitano di Fucka e Galanda? Con il punto fermo di squadre in balia dell’onda ora buona, ora anomala dei Joe Forte, dei Tornado Varnado? Con quello che per Michael Hicks, Bobby Jones, Tamar Slay e un’allegra compagnia di fenomeni, è praticamente il sindaco di Pistoia.  “Il basket come professione mi ha fatto conoscere essere umani meravigliosi- chiude-. Matteo Bertolazzi, Zacca, Chiaramello…con Fucka e Galanda ho passato mesi in cui hanno visto più me delle loro mogli.

Ho capito da loro che sei un campione per come affronti le difficoltà, ho appreso la loro dedizione al basket”. Fiorello Toppo è uno che non riesce a parlare di rimpianti nemmeno per quella serie A1 sfiorata e non giocata. “Ho avuto la fortuna di arrivare in A1 a 33 anni- chiude- le scelte economiche di Pistoia hanno pesato ma anche il fatto di voler concludere questo percorso al meglio, col più bel traguardo raggiungibile”.  C’è chi ha vinto coppe e scudetti e chi può dire di aver giocato con Toppo.  E poi dice di non sentirsi un campione. Raccontate questa storia, chiamatelo agli open day. E vedrete quanti bambini capiranno davvero quanto è bello questo sport.

Condividi:

Innamorata delle parole, che sono centrali nella sua “dolcemente complicata” vita professionale. In primis per raccontare il basket e lo sport, dalle colonne de Il Tirreno (con cui collabora dal 2003) alle pagine web di Pistoia Sport (che ha contribuito a fondare). E poi come insegnante di italiano agli stranieri.

Comments
WP Twitter Auto Publish Powered By : XYZScripts.com