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Basket / Serie A2

Coach Finelli, il trionfo in Supercoppa con Scafati e l’affetto per Montecatini

Coach Finelli durante la finale di Supercoppa tra la sua Scafati e Forlì, foto Ciamillo-Castoria

Alessandro Finelli ha guidato Scafati alla vittoria della Supercoppa di serie A2, nel suo passato due esperienze a Montecatini

D’altronde si sa, chi come lui ha alle spalle tanti anni di carriera e di successi nella pallacanestro italiana è probabile che sia legato a diverse piazze in giro per lo stivale. È la valigia dell’allenatore, sempre piena e sempre pronta come il suo proprietario a partire per un altro posto nel quale darsi e mettere le radici, non importa per quanto tempo. La valigia di coach Alessandro Finelli adesso è ferma a Scafati, in serie A2, dove in pochi mesi è già riuscito ad alzare un trofeo, la Supercoppa LNP Centenario 2020 di serie A2.

Nelle Final Eight disputate a Cento dal 13 al 15 novembre, la sua squadra ha battuto prima Rieti ai quarti di finale e poi Ferrara in semifinale, per poi prevalere su Forlì nella finalissima. Considerando anche il cammino precedente alla fase finale del torneo, una vera e propria cavalcata trionfale, di ottimo auspicio per il campionato alle porte. Nel complimentarci con lui per questo importante traguardo, abbiamo colto la palla al balzo per chiedergli che ricordi conservi delle esperienze vissute a Montecatini e che ne pensi di Pistoia, sua avversaria nel girone rosso del campionato di serie A2. Ma andiamo con ordine.

Che atmosfera si è respirata durante queste final eight di Supercoppa? Com’è stato competere ad eliminazione diretta e ad un alto livello agonistico senza pubblico?

«Giocare senza pubblico fa parte di un contesto completamente nuovo, a cui bisogna abituarsi. In occasione delle Final Eight tutte le squadre erano in campo neutro quindi lo spaesamento è stato in qualche modo attutito. In campionato sarà diverso, perché come sta accadendo in A1 il fattore campo avrà un impatto minore. La particolarità della situazione mi riporta alla mente i ricordi di quando allenavo le giovanili, dove l’impatto del pubblico era minimo. In ogni caso questo fatto influenza senz’altro lo stato d’animo dei giocatori».

Come si gestisce psicologicamente un successo importante come questo ottenuto prima dell’inizio del campionato?

«Non c’è una ricetta, sarebbe tutto troppo facile. Dopo una tre giorni di questo tipo bisogna semplicemente permettere ai giocatori di recuperare le energie spese, che sono state tante. Si deve permettere al corpo e alla testa di recuperare, per poi da metà settimana riprendere il lavoro pensando alla prossima gara. In campionato giocheremo ogni tre giorni, quindi tutto andrà molto veloce. Queste finali ci danno autostima e fiducia, dopodiché dobbiamo pensare soltanto ad andare in palestra e preparare la prossima partita».

Un piccolo tuffo nel passato. Lei è stato due volte a Montecatini: dal 1998 al 2000 e nella stagione 2006/2007. La prima volta partecipò come assistente di Stefano Pillastrini in quella Montecatini che conquistò la serie A per poi aggiudicarsi il quinto posto l’anno successivo, al contempo guidò la squadra juniores allo scudetto. La seconda come capo allenatore della prima squadra in Legadue. Che ricordi ha di queste esperienze?

«Ho visto l’iniziativa dell’attuale società di Montecatini di trasmettere partite storiche e l’ho apprezzata, tant’è vero che ieri mi sono messo a guardare quella contro Varese del “99. Per me l’esperienza a Montecatini è stata meravigliosa in entrambe le occasioni, per le persone che ho conosciuto e per la passione che animava e spero animi tutt’ora la città. I primi due anni sono stati speciali perché ero un giovane allenatore che per la prima volta metteva il naso fuori da casa. Venivo dal ruolo di responsabile delle giovanili alla Fortitudo Bologna, e per me fu la prima occasione di lavorare con una prima squadra in un progetto ambizioso. Furono due anni tecnicamente e umanamente stupendi. Lo staff era di primissimo livello, oltre a Stefano Pillastrini, c’era Walter De Raffaele come co-assistente, come preparatore atletico c’era Renzo Colombini, anche lui adesso a Venezia, Max Faraoni e Andrea Luchi come dirigenti. Un gruppo di persone di grande spessore, mi hanno dato molto.

Il mio ritorno fu un’esperienza altrettanto importante, che poi mi aprì le porte della serie A1 a Montegranaro. Durante quella stagione ebbi la possibilità di lavorare fianco a fianco con Andrea Niccolai, in uno dei suoi ultimi anni da giocatore. C’era anche un giovanissimo Nicola Natali, adesso a Forlì con cui abbiamo giocato la finale di Supercoppa. Poi tra gli italiani c’erano anche Gabriele Niccolai, Cesare Amabili, Guido Meini, tutti ragazzi di Montecatini e quindi con una solida identità territoriale. Avevo feeling anche con la società, in particolare con il dirigente Luca Rotelli e il presidente Simone Galligani. Montecatini per me è stato un ambiente speciale dove mi sono sentito sempre a casa, per la passione e la tradizione della piazza».

Nello stesso girone rosso di serie A2 al quale parteciperà la sua Scafati c’è anche la GTG Pistoia, che ne pensa della squadra che dovrà affrontare in campionato?

«Pistoia a mio avviso è una delle squadre candidate a fare meglio nel nostro girone. Oltre all’importante guida tecnica di Michele Carrea ha un quintetto di grande impatto per la categoria e una panchina di giovani di grande futuribilità. Un bel mix tra esperienza e gioventù, secondo me farà molto bene».

Grazie, un sincero in bocca al lupo coach.

«Grazie a voi».

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Cresciuto a pane e basket a Montecatini. Laureato in Giurisprudenza presso l'Università di Pisa, coltiva la passione per lo sport e per il sociale. Si ostina a fare il playmaker amatoriale. Da tifoso dell'Inter, è abituato a gioire una volta ogni dieci anni, quando va bene.

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