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Calcio / Prima Categoria

Compagnone-Atletico, l’attaccante racconta l’addio agli arancioblu

Compagnone racconta la sua versione dei fatti: «La decisione non è stata solo mia, non ho abbandonato la nave. Col diesse Capecchi e la squadra nessun dissidio»

E’ stato un fulmine a ciel sereno quello che, tra giovedì e venerdì scorso, ha colpito la Prima Categoria. Il modo in cui si sono separate le strade di Riccardo Compagnone e dell’Atletico Spedalino ha lasciato tutti di sorpresa nell’ambiente del calcio dilettantistico pistoiese. L’attaccante era da quasi un anno e mezzo il trascinatore, numeri alla mano, degli arancioblu, nonché il numero 10 e possessore della fascia di capitano Ma allora come si è giunti a questo epilogo clamoroso? Il comunicato della società parlava di ‘decisione espressamente richiesta dal giocatore’. Questa però non è la versione dei fatti ricostruita da Compagnone stesso che, intervenuto ai nostri microfoni, non ha nascosto la propria amarezza per l’addio al sodalizio allenato da Filippo Ermini.

«Tutto nasce quando subisco quattro giornate di squalifica per un fatto non esistente – ha raccontato l’attaccante -. C’è stato uno scontro di gioco nel quale sono arrivato addosso all’avversario col gomito più largo del dovuto, non si era trattata però di una cosa scorretta né volontaria da parte mia ma un semplice errore di coordinazione. Anche la dirigenza, che ha assistito alla scena dagli spalti, era d’accordo con me, mi hanno detto che secondo loro non era nemmeno giallo. L’arbitro che mi ha espulso però ha scritto sul referto che ho dato una gomitata di proposito, dal giudice sportivo ho preso tre giornate più una essendo il capitano dell’Atletico».

«Dopo che – prosegue l’ex-Monsummano e Quarrata – la società aveva cercato di fare ricorso per accorciare la squalifica, mi aspettavo comunque di ricevere una sanzione dopo quello che era successo. Succede che, dopo due settimane, mi viene comunicata e scopro che è eccessiva e spropositata nei miei confronti. Non entro nel dettaglio, fatto sta che in seguito ho cercato un confronto con la società facendo una controproposta, ma per cinque giorni non ho avuto risposta né dal presidente né da nessun altro. A quel punto mi sono sentito ignorato ed abbandonato ed ho fatto questa scelta».

Secondo Compagnone anche il comunicato diffuso dall’Atletico non corrisponde interamente al vero: «E’ evidente come non sia stata una decisione solo mia, lo hanno voluto entrambe le parti. Semplicemente non è vero quello che hanno dichiarato, perché passa il messaggio che io mi sia svegliato un giorno e abbia detto dal nulla che me ne volevo andare. Non mi piace che la gente possa pensare che la mia scelta sia stata improvvisa e questo mi ha causato dispiacere. E soprattutto, con quel comunicato, mi hanno fatto passare per quello che non sono, cioè colui che abbandona la nave. Da capitano, quale ero, non lo avrei mai fatto. Ho 32 anni e non voglio che si parli di me come una persona che lascia una squadra per una ‘bischerata’».

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Compagnone ha infine raccontato tutto il proprio rammarico per la situazione venutasi a creare: «Ci tengo a sottolineare che il direttore sportivo Matteo Capecchi non c’entra niente in tutto questo. Si tratta di una persona esemplare e di buon cuore. Con lui, con i compagni ed il mister mi trovavo bene e mi è dispiaciuto di averli dovuti lasciare. Purtroppo il direttore si è ritrovato in mezzo a due fuochi, il mio e quello del presidente. Non ce l’ho con nessuno ma avevo intenzione di risolvere la questione maxi-sanzione, senza dettar legge ma solo trovare un compromesso col presidente. Invece non sono stato preso in considerazione per cinque giorni, nonostante fossi il capitano della squadra, ed è a quel punto che ho avvertito l’esigenza del cambiamento».

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