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La sicurezza negli impianti sportivi: lezioni dalla tragedia di Hillsborough e la normativa italiana

La sicurezza negli impianti sportivi è un tema di fondamentale importanza, come dimostrano tragici eventi del passato, tra cui quello dell’aprile 1989
La strage di Hillsborough del 15 aprile 1989 rappresenta una delle più drammatiche lezioni nella storia della sicurezza nel mondo dello sport, che mise in luce gravi carenze organizzative e di gestione della sicurezza. Questo episodio ha segnato profondamente le normative sulla sicurezza negli stadi, portando a riforme significative in diversi paesi, tra cui l’Italia. Ne parliamo nello specifico con un nuovo episodio della rubrica in collaborazione con Sicuringegneria.
Nel nostro Paese, il D.M. 18 marzo 1996 stabilisce le regole per la costruzione, la gestione e la sicurezza degli impianti sportivi, con particolare attenzione alla prevenzione di sovraffollamenti e alla gestione dell’evacuazione in caso di emergenza. Analizziamo il disastro di Hillsborough, le sue cause e conseguenze, e come le normative italiane affrontano problematiche simili per garantire la sicurezza degli spettatori.
Il disastro di Hillsborough: cosa accadde il 15 aprile 1989?
La tragedia avvenne durante la semifinale di FA Cup tra Liverpool e Nottingham Forest, disputata all’Hillsborough Stadium di Sheffield. A causa di una gestione inadeguata degli accessi e di una ripartizione poco equilibrata delle tifoserie, si verificò un pericoloso sovraffollamento nel settore riservato ai tifosi del Liverpool.
L’elemento scatenante fu l’apertura del Gate C, un grosso cancello che consentì l’afflusso di migliaia di tifosi in un settore già pieno oltre la capienza massima. Senza un controllo adeguato, la calca crebbe rapidamente, con centinaia di persone schiacciate contro le barriere di sicurezza. In pochi minuti, 96 persone persero la vita per soffocamento o schiacciamento, e oltre 200 rimasero ferite.
Le inadempienze furono numerose:
- La separazione delle tifoserie non era stata gestita in modo efficace.
- L’afflusso dei tifosi non era stato controllato adeguatamente.
- Le barriere di sicurezza risultarono un ostacolo invece che un sistema di protezione.
- Il sistema di evacuazione non era organizzato per gestire un’emergenza di tale portata.
Questa tragedia ha dimostrato come la progettazione degli impianti e la gestione della sicurezza debbano essere trattate con la massima attenzione, per prevenire disastri simili.
Il D.M. 18/03/96 e la sicurezza negli impianti sportivi italiani
In Italia, il D.M. 18 marzo 1996 stabilisce norme rigorose per garantire la sicurezza degli impianti sportivi, includendo regole sulla capienza, sulla gestione del pubblico e sulle vie di fuga. Alcuni aspetti fondamentali del decreto si collegano direttamente agli errori che portarono alla tragedia di Hillsborough.
Qui di seguito analizzeremo i contenuti del decreto in linea con quanto successo in Inghilterra per avere un quadro più chiaro di come funziona la normativa italiana e la ratio che si cela dietro a ciò. L’obiettivo è farti comprendere l’azione legislativa come meccanismo di risposta a eventi drammatici con il fine di prevenire il ripetersi di tali incidenti.
1. Capienza e gestione degli spettatori (Art. 6, 7 e 8)
Uno dei problemi principali a Hillsborough fu il sovraffollamento incontrollato. Il decreto italiano prevede che la capienza degli stadi sia calcolata con precisione e rispetti specifiche norme di sicurezza.
- Art. 6: La capienza deve essere determinata con un numero massimo di spettatori per metro quadrato, differenziando tra posti a sedere e posti in piedi.
- Art. 7: Obbliga gli impianti con oltre 10.000 spettatori ad avere settori separati, con ingressi, uscite e parcheggi indipendenti per le tifoserie ospiti, riducendo il rischio di incidenti.
- Art. 8: Impone vie di uscita libere da ostacoli e dimensionate per consentire il rapido deflusso del pubblico in caso di emergenza.
2. Vie di esodo e gestione delle emergenze (Art. 8, 8-bis e 19)
Durante la tragedia di Hillsborough, l’assenza di vie di fuga adeguate e il ritardo nell’apertura delle barriere peggiorarono la situazione.
- Art. 8-bis: Gli impianti devono avere aree di sicurezza e varchi per il controllo degli spettatori, con percorsi ben definiti per l’evacuazione.
- Art. 19: Stabilisce l’obbligo per i gestori degli impianti di predisporre un piano di emergenza, includendo esercitazioni, formazione del personale e un registro aggiornato delle misure di sicurezza.
3. Separazione tra spettatori e area di gioco (Art. 6-bis e 7)
A Hillsborough, le recinzioni impedirono agli spettatori di sfuggire alla calca, contribuendo al disastro.
- Art. 6-bis: Gli stadi devono avere barriere di separazione conformi alle norme UNI 10121-2, che permettano l’evacuazione in caso di emergenza.
- Art. 7: Obbliga a predisporre sistemi di separazione per evitare il contatto tra tifoserie avversarie e limitare i movimenti tra i settori.
4. Controllo degli accessi e videosorveglianza (Art. 18 e 19-ter)
Uno degli errori fatali a Hillsborough fu la decisione di aprire un ingresso senza controllo.
- Art. 18: Impone la presenza di sistemi di videosorveglianza negli stadi con oltre 10.000 spettatori per monitorare la folla e prevenire situazioni pericolose.
- Art. 19-ter: Introduce il Gruppo Operativo Sicurezza (G.O.S.), con rappresentanti della polizia, vigili del fuoco e sanitari, per la gestione della sicurezza durante gli eventi.
5. Spazi di soccorso e assistenza sanitaria (Art. 10 e 19-bis)
L’assenza di un coordinamento efficace nei soccorsi aggravò le conseguenze della tragedia.
- Art. 10: Prevede l’obbligo di posti di pronto soccorso in tutti gli impianti con oltre 10.000 spettatori, con attrezzature e personale qualificato.
- Art. 19-bis: Stabilisce che negli impianti multifunzionali sia nominato un responsabile per la gestione della sicurezza antincendio e del pronto intervento.
Riflessioni finali: sicurezza e prevenzione prima di tutto
La tragedia di Hillsborough è stata un monito per il mondo dello sport, dimostrando l’importanza di una gestione attenta della sicurezza negli stadi. L’Italia, con il D.M. 18 marzo 1996, ha adottato un approccio strutturato e rigoroso, mirato a prevenire il ripetersi di eventi simili.
Oggi, grazie a normative più stringenti, controlli severi e tecnologie avanzate, gli impianti sportivi sono più sicuri che in passato. Tuttavia, la sicurezza non deve mai essere data per scontata: il rispetto delle regole, la formazione del personale e la consapevolezza del pubblico rimangono fattori chiave per garantire che lo sport sia sempre un’esperienza emozionante e sicura per tutti.
