Calcio / Serie D
Pistoiese, fine annunciata: con De Simone tutti colpevoli

La giornata odierna ha segnato un punto di non ritorno nelle vicende societarie del club. Ma che nessuno si stupisca, ora: le carte erano scoperte da tempo
La situazione della Pistoiese è arrivata al punto di non ritorno. La piazza, i tifosi e tutto ciò che è legato al mondo dell’Olandesina hanno ormai la misura colma per una telenovela che aggiunge imbarazzi e novità deprimenti ogni giorno. La rosa è ridotta all’osso a causa delle partenze dei giocatori, lo staff tecnico è stato esonerato (per la seconda volta in due mesi) a dispetto di risultati ottimi per la situazione ambientale e tutt’intorno aleggia la certezza conclamata che la proprietà non abbia la forza, e soprattutto la liquidità, per onorare gli impegni economici presi in questa stagione (ma anche per quella passata il quadro è tutt’altro che chiaro). Siamo a dicembre e si fatica a vedere un futuro oltre la prossima settimana, nelle condizioni attuali. Il rischio, concreto, è quello di non portare a termine la stagione. O di farlo in condizioni tutt’altro che onorevoli.
La responsabilità di quanto sta accadendo ha nomi e cognomi: quelli dei dirigenti che figurano nell’organigramma societario presente sul sito dell’US Pistoiese 1921. A questi nomi ne va aggiunto uno che non c’è, perché non può comparire in quell’organigramma, ovvero quello del garante del trust, Maurizio De Simone. Lo ricordiamo, ancora una volta: De Simone è gravato da una squalifica sportiva con condanna definitiva che inibisce l’ex amministratore delegato del Trapani Calcio con preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della FIGC fino a maggio 2026. E nonostante questo, oltre ai fatti conclamati, anche le sue apparizioni pubbliche in questa stagione e le sue parole in conferenza stampa e nei video sui social del club hanno dimostrato un altro e ben più incisivo ruolo nella vita del club arancione.
Ma se chi sia il “Deus Ex Machina” che da due anni gestisce la Pistoiese è ormai chiaro a tutti, è doveroso non dimenticarsi di chi lo ha accompagnato a Pistoia e quindi di Stefan Lehmann, Alessandro Gammieri, Antonio Gammieri e Gianni Rosati, così come chi a luglio si è presentato nella nuova dirigenza dell’era del Trust Orange e di Matilda Jace: qui i nomi e cognomi sono quelli di Giuseppe Bruno, Stefano Nencioni, Raffaele Auriemma, Maurizio Laudicino e Achille Totaro. Tutti quelli che si sono fatti andar bene questa situazione – sapendo benissimo la storia pregressa – chi ha accettato tacitamente certe dinamiche, chi ha contribuito a portare la Pistoiese a questo punto, chi ha fatto promesse dimostrandosi poi incapace di mantenerle e le ha avallate avendo un ruolo attivo e di rilievo nella società nel 2022 e nel 2023, è da considerarsi coinvolto nella situazione che si è venuta a creare. Inutile abbandonare la barca, ora.
Oppure cercare di trasmettere il messaggio che la colpa sia circoscritta a pochi e che gli altri siano vittime ignare. Ci dispiace per loro, ma è troppo tardi. E non devono essere sottovalutate o dimenticate le responsabilità di chi ha permesso che il club finisse in queste mani, così come è doveroso ricordarsi di chi è rimasto a guardare quanto accadeva in silenzio, come se fosse tutto normale. Facendo spallucce, perché tanto l’importante è il risultato sportivo (mai pervenuto, tra l’altro).
Non più tardi di un mese fa, alla vigilia del derby con il Prato, il club manager Stefano Nencioni, uno dei massimi dirigenti della società orange, ospite alla trasmissione “Giovedì Sport” di TVL dichiarava questo (lo riportiamo in maniera testuale): «Specialmente in Serie D, il problema economico dovrebbe essere secondario – diceva in diretta Tv – fermo restando che tutti hanno diritto a quello che è stato stabilito, ogni giocatore dovrebbe essere guidato dall’attaccamento alla maglia, dall’orgoglio di portare il colore arancione. Molti di questi ragazzi lo hanno ben chiaro: è quello che ci piace e che ci fa sperare. Senza quello stimolo i soldi servono a poco, i mercenari non contano».
O, ancora, De Simone alla presentazione per il ritorno di Andrea Caponi ammoniva così chi osava sottolineare le partenze dei giocatori (cosa, tra l’altro, avvenuta per il secondo anno consecutivo con le stesse modalità e tempistiche quando si disse che certi giocatori non erano più funzionali al gioco della squadra) a causa di ritardi nelle spettanze. «In Serie D non abbiamo obblighi federali, se non quello di essere in regola con i pagamenti al 31 maggio. Se ci fossero problemi economici Trotta e Caponi sarebbero venuti a Pistoia?». Le risposte oggi ci sono e sono quelle di armadietti vuoti, una città che ha perso la pazienza e una società che non è più credibile nel panorama calcistico a causa di quello che ha promesso e non fatto con i soggetti che l’hanno gestita.
C’è poi il verdetto insindacabile del campo da tenere bene a memoria. I risultati degli ultimi due anni parlano di una retrocessione dalla C e di una mancata promozione dopo i proclami di «cavalcata» e di scommesse di «trovarci a inizio maggio al “Melani” a festeggiare il ritorno tra i professionisti» (Rosati dixit) alle quali si andranno a sommare verosimilmente un’annata in cui l’obiettivo è cambiato proprio oggi, in corsa: dalla vittoria del campionato alla salvaguardia della categoria, il tutto nel giro di pochi giorni. Sempre senza dimenticare che in ballo c’è ben altro, la sopravvivenza del club che non è da dare più per scontata vista la rapida e catastrofica piega degli eventi.
Come Pistoia Sport ci prendiamo il merito di essere stati i primi a denunciare pubblicamente certe situazioni non chiare, rifiutandoci di fare finta di niente e incalzando gli attori principali con domande scomode. Ci siamo impegnati a portare alla luce fatti, inchieste e situazioni e lo abbiamo fatto anche dopo che ci erano stati revocati temporaneamente gli accrediti stampa della nostra testata allo stadio “Melani”. Nonostante l’assordante silenzio che spesso ha accompagnato il nostro lavoro e quello di altri validi colleghi.
Il tempo ora stringe e la possibilità dell’arrivo di nuovi soci è praticamente impossibile considerando l’esposizione debitoria del club. Qualsiasi operazione in affiancamento e non in alternativa all’attuale proprietà ha possibilità di successo ridotte ai minimi termini. C’è poi la questione tecnica e pratica di un’operazione, quella di entrare in una società con così grandi criticità a stagione in corsa, che palesemente non è semplice da fare in tempi brevissimi, senza contare poi quale possa essere l’appetibilità per imprenditori seri di un club di Serie D con una rosa quasi inesistente e gravato da debiti della stagione corrente, senza dimenticare che nei prossimi giorni dovrà essere anche pubblicato il bilancio della passata stagione, quello lasciato in eredità dalla presidenza Lehmann al termine dello scorso campionato di Serie D.
L’attuale dirigenza ha provato a scrollarsi tutto di dosso: prima il pittoresco teutonico arrivato da non si sa dove, poi l’avvocato Gammieri, spiazzato come l’intera sala stampa un anno fa di questi giorni nel veder piombare di fronte ai giornalisti l’ex dipendente Omav, Maurizio De Simone. E ancora quello che aveva in gestione: prima riportando al Comune le chiavi del “Frascari”, poi non potendo utilizzare Pistoia Ovest e, infine, aver lasciato per strada anche il “Turchi” e lo stadio stesso, per la prima volta dopo non si sa quanti decenni. Fino alle risorse sportive: dai contratti faraonici per provare a rimanere in C, poi dissolti nel nulla con la retrocessione, dalle continue rivoluzioni all’indebolimento delle squadre che si sono succedute in questi due anni.
E si potrebbe continuare ancora per molto… La domanda è una sola adesso: quanto ancora deve continuare questa situazione e quanto ancora certi personaggi devono avere il diritto di rappresentare e fare calcio a Pistoia? Tifosi, città, istituzioni, sponsor e stampa hanno il dovere di tutelare il bene comune, oggi più che mai.
