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Amarcord

48 anni fa nasceva Davide Ancilotto: il bravo ragazzo che amava far casino

Davide Ancilotto

Passato da Pistoia, Davide Ancilotto, ha fatto innamorare tutti anche al PalaFermi. Un talento strappato al basket troppo presto

Un talento incredibile. Un bravo ragazzo che amava far casino. Sarebbe diventato un fenomeno, si capiva già. Un predestinato, lo dicevano tutti. Ed invece proprio il destino infame ha spento quella che a 23 anni era già una stella della pallacanestro italiana. Un figlio partito al mondo come soldato del basket ragazzino e mai tornato a casa da uomo. Hai voglia a dire che gli eroi sono tutti giovani e belli ma che male fa, ancora per i suoi genitori, per i suoi amici lasciati in ogni palestra e in ogni campino d’Italia quella ferita che non si rimarginerà mai.

Davide Ancilotto era nato a Mestre il 3 gennaio del 1974. 48 anni fa esatti. E per chi l’ha conosciuto e quindi naturalmente amato, per chi non l’ha mai dimenticato come tanti anche qui a Pistoia, il 3 gennaio è una di quelle date che non ce la fai a passare così senza pensare al sorriso di quel ragazzone veneto svezzato alla scuola del basket popolare e dirompente della Caserta di Maggiò, Marcelletti e del suo fratello adottivo Enzino Esposito. Come non ce la fai a non maledire ancora una volta quel telegiornale che annunciava una notizia tragica, un lutto terribile per la pallacanestro, all’Italia che si godeva gli ultimi bagni al mare. Il prossimo 24 agosto saranno passati 25 anni dalla morte di Davide Ancilotto. 24 agosto 1997. Tanto tempo, ma sembra ieri per chi lo ha adorato e non può farsene una ragione

IL RAPPORTO CON PISTOIA, VINICIO E BISIN

“Il più bravo di tutti” ci ha detto tante volte provando a nascondere l’emozione ancora intatta, quell’orso buono che è Vinicio Vignali. Il massaggiatore dei muscoli e dell’anima di molti ragazzi che con un Molten in mano sono passati dai nostri canestri, affidandogli sogni, rabbia e risate, sfoghi e confidenze che solo allo zio Vinny si possono fare. Con Anci, Vinicio aveva un legame speciale. La sua maglia numero 4 della Madigan, è custodita come una reliquia in quel santuario rigenerante che è il suo studio per campioni di ieri e di oggi. Di sicuro un santino per molti ragazzotti che in quegli anni si avvicinavano al basket, Ancilotto lo era già.

La foto ritagliata da Superbasket nel diario del liceo, l’autografo da custodire, l’idolo da imitare e di cui parlare convincendo la fidanzatina a venire al palazzetto la domenica. “Si va a vedere la Madigan, gioca Ancillotto, è fortissimo. L’hanno convocato in Nazionale, ci porta in Europa”. Perché negli anni Novanta, quelli in motorino sempre in due, quelli di “ Jack Frusciante è uscito dal gruppo” e “Basket Case” suonata ad ogni assemblea d’istituto, quelli dove la serie A italiana di basket era una passerella di fenomeni, i ragazzi che iniziavano a giocare a basket da queste parti volevano essere come lui. Come quel ragazzone che danzava nelle difese avversarie per poi avvitarsi a canestro, che mentre il palazzetto esplodeva, saltava la balaustra e andava a baciare Bisin.

Già il vecchio Bisin, un’enciclopedia umana del basket non solo pistoiese, un concentrato di umanità che ti sciorinava lì regalandoti le vecchie fanzine dei Redskins, una videocassetta dove “Wish you were here” sembra cantata apposta dai Pink Flyod per dire che il sorriso di Davide che- in quelle immagini in bianco e nero ad una velocità ante guerra- si lascia strappare dalle mani la palla dai bambini di una scuola in cui veniva accolto come il nostro Maradona, non smetterà mai di illuminare il senso dello sport più vero. Gianfranco Bisin è stato un altro zio adottivo per molti, quasi babbo per Anci, la stella cometa verso la Coppa Korac per quella Madigan del sergente Dule Vujosevic sorretta da bandiere come Crippa e Minto. Il Biso, e non solo lui, non si è dato pace in vita vedendo ricordare Ancilotto in tutta Italia e soprattutto là dove ha portato canestri, vittorie e adrenalina a fiumi.

L’ENORME EREDITA’ DI DAVIDE ANCILOTTO

La curva Ancilotto del PalaMaggiò, la maglia numero 4 issata per sempre sopra le gare casalinghe della Virtus Roma che lo portò via da Pistoia con un’operazione da re del mercato qual era Gino Natali che valse una mezza rivolta estiva degli Untouchables.

Poche settimane prima Anci lo aveva accolto al PalaFermi con un concerto di canestri,  Celebre l’istantanea che ritrae il dirigente termale stizzito che lascia il campo anzitempo, mentre Ancilotto salta verso la curva per il bagno nella folla di tifosi come una vera rock star della retina. Nella capitale c’è una rampa in suo onore al palazzetto all’Eur e un playground al Celio. Il 3 gennaio 2013 gli amici di Mestre hanno fondato “4NCI” che promuove iniziative in ricordo di Davide nel nome del basket e dell’amicizia.

Una geografia del cuore a cui continua a mancare Pistoia. Che non si può certo dire piazza smemorata ed ingrata visto il legame intatto con giocatori ed allenatori di altre ere cestistiche, accolti e ricordati ancora oggi come se il tempo non fosse passato. Sempre una mobilitazione di popolo ha portato in tempi record all’intitolazione del campino dell’Arcadia al nostro Teo. Ma a livello ufficiale, è tutto più complicato e lento. Eppure basterebbe forse un torneo, una partita magari per ricordare il prossimo agosto come mai 25 anni dopo si piange tanto ma ringraziando Dio di averci fatto innamorare di Davide Ancillotto.   

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Innamorata delle parole, che sono centrali nella sua “dolcemente complicata” vita professionale. In primis per raccontare il basket e lo sport, dalle colonne de Il Tirreno (con cui collabora dal 2003) alle pagine web di Pistoia Sport (che ha contribuito a fondare). E poi come insegnante di italiano agli stranieri.

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