Alla maggior parte dei pistoiesi quella di domenica sembrerà una partita come le altre ma così non è. Perché al PalaCarrara arriva la Reyer Venezia, una delle società più gloriose del basket italiano. E allora, in esclusiva per Pistoia Sport, un poeta del giornalismo pistoiese come Cristiano Rabuzzi ha rielaborato, e ampliato, l'articolo che scrisse sul "Il Tirreno" il 6 dicembre 2009 per far capire agli sportivi pistoiesi cosa vuol dire far parte del mondo Reyer, l'unica squadra in Italia che ha giocato in serie A in una palestra (palestra, non palasport) all'interno di una chiesa sconsacrata.
Mettetevi comodi e volate con l'immaginazione a quei fantastici anni. Del resto basta soltanto leggere questo articolo per rimanerne affascinati.
di Cristiano Rabuzzi
Tutti in piedi entra la Reyer (pronuncia “Raier” o “Reie”, come dicono i vecchi veneziani), la regina del basket italiano. Non contano la categoria, la classifica, il roster: qui contano solo il mito e la leggenda delle casacche granata del sestiere di Cannaregio.
La Reyer è una storia lunga 141 anni, gloriosa, talvolta dolorosa, che non sarà mai seconda a niente o a nessuno. La vollero così, un po’ aristocratica un po’ patriottica, Costantino Reyer e Pietro Gallo, i fondatori della federazione italiana di ginnastica e da allora ne ha vista scorrere acqua sotto i ponti... La Reyer ha cento, mille facce. Volti, storie, tempo e passione che gli anni non possono scolorire.
La Reyer è una palestra: Scuola Nuova di Santa Maria della Misericordia o Scuola Grande di Santa Maria in Valverde, edificio costruito dalla confraternita dei Battuti e progettato dal Sansovino, inaugurato nel 1583 dal doge Nicolò Da Ponte. Una incredibile chiesa-palestra, dove si gioca fra gli affreschi. Il più bel campo del mondo. Punto e basta.
Al primo piano della basilica sconsacrata, il tempio, il forziere, lo scrigno del basket. Col fondo in bitume degli inizi pronto a trasformarsi, a metà degli anni ’50, in un meraviglioso parquet incrociato stile Boston Garden ed in una bolgia d’amore e di tifo, con la gente pigiata all’inverosimile, letteralmente a bordo campo, ad alitarti sul collo l’incitamento ai suoi “fioj”. Il temuto, mitico “urlo della Misericordia”. E si alza sempre, quando i granata vincono, il de profundis per gli avversari (“Per i miseri implora perdono, per i deboli implora pietà”). Perchè la Misericordia non puoi mai espugnarla, al massimo può “capitarti” di segnare qualche punto in più dei padroni di casa.
In quel luogo da lacrime dove tutto è mito (persino il vecchio custode Scarpa, il venditore di caramelle all’ultimo pianerottolo od il papà del giocatore Besa, che ad ogni interruzione “spiegava” agli arbitri dalle tribunette tutti i loro errori con la massima competenza ed educazione), fra la magìa degli affreschi, prendono corpo, si alimentano, si sublimano le gesta di una stirpe infinita di giocatori. Dal terrificante mancino Sergio “Caneon” Stefanini (“ El xe un bisato, un bisato demonio”) al fratello Bepi, da Garbosi a “Ceo” De Nardus, da Penzo a Garlato, da Fagarazzi a Montesco, da Giulio Geroli (“Io non ho giocato nella Reyer. Ho difeso la Reyer”) a Marsico, da “Nane” Vianello a Cedolini, da Vaccher a Lessana, da Medeot a Bufalini, da Carraro a Gorghetto il testimone non cade mai di mano. E spesso viene raccolto da mani straniere come quelle di Djuric e Rajkovic, Sanford ed Ubiratan per finire all’immenso Steve Hawes. “Un’epopea”, come scrive Franco Bacciolo, “in cui si gioca con la straordinaria tecnica che gli inarrivabili affreschi della Misericordia impongono ed il cuore che batte come il rimbombo di mille scarpe dei tifosi che corrono sullo scalone in legno che porta al primo piano del capoolavoro di Sansovino, con l’entusiasmo di chi ha pochi schei (soldi, ndr) ma smisurato orgoglio”.
Chiuso il paradiso dei canestri, arriva il comunque bellissimo “Arsenale”, ad un passo da Riva degli Schiavoni in bacino S.Marco. Con le tribune a picco sul parquet e le uscite di sicurezza aperte direttamente ... sui canali. Cose che possono succedere solo nella città più bella del mondo.
E allora sotto con Dalipagic e Radovanovic, Leon Douglas e Ron Rowan, Floyd Allen e Spencer Haywood. E come fai a non citare la targa all’ingresso dell’impianto che ricorda i 70 punti segnati da “Praja” Dalipagic contro la Virtus Dietor Bologna il 25 Gennaio 1987? Percentuali del “Baffone” di Mostar: 18/23 da due punti, 5/9 da tre, 19/19 ai liberi e ciao ciao Vu nere.
La Reyer è anche una rimonta, playoffs gara-5 di A2, 2 Giugno 1996, stavolta al “Taliercio” di Mestre e chi scrive rischia l’infarto davanti al televideo. Meno 18 all’intervallo contro Rimini, più 2 alla sirena finale. “Frank” Vitucci porta in A1 (seguirà fallimento della società, ma intanto un’altra pagina leggendaria è stata scritta) una squadra senza sponsor e con stipendi a singhiozzo, ma il cuore che salta gli ostacoli grazie al deltaplano della passione. Mastroianni mago assist, Cattabiani grimaldello difensivo, Silvestrin regista occulto, il perticone Pietrini a presidiare i cristalli, Chiarello-Meneghin-Barbiero a dare minuti di euforia e Steve Burtt “Superstar” (41 punti in gara-5!!) a far pentole, coperchi ed accendere il gas di un Taliercio mai sentitosi così laguna. Perchè la Reyer è tecnica (tiro di tabella, difese allungate e chi più ne ha più ne metta), ma è innanzitutto spirito. Di corpo, di squadra. Sentirsi tutti figli di uno stesso sestiere. “Duri i banchi” tramandava il motto impresso in cima allo scalone della Misericordia, dove “non era descrivibile l’emozione di quando la gente urlava ed il muro rispondeva una specie di eco: Re-yer, Re-yer” (Amerigo Penzo).
La Reyer, infine, è un racconto. Di Roberto Premier, fighter dell’Olimpa Milano plurivincente: “sono goriziano ed a livello giovanile affrontammo la Reyer in una finale triveneta, andata e ritorno. Tra noi e loro, a cose normali, c’erano come minimo 30 punti di scarto in nostro favore e vincemmo agili in casa. Il ritorno doveva essere una formalità, ma alla Misericordia di Venezia accadde l’impossibile. Rimonta Reyer e scarto ribaltato. Vedevamo granata da tutte le parti, sembrava giocassero in 20”. Chissà, forse giocavano anche i ritratti degli affreschi...
Cara, unica, inimitabile Reyer, vederti giocare è da sempre un’emozione speciale!
Quando divenne coach orogranata, Marco Calamai (straordinario il suo impegno cestistico in favore dei ragazzi disabili) disse: “Mi tremava la mano mentre firmavo il contratto”. Credeteci o no, è successo anche al sottoscritto mentre stendeva a mano le poche cartelle di questo pezzo.
Questo il video realizzato da La7 in occasione del derby di serie A di tre stagioni fa fra Umana Venezia e Benetton Treviso (giocato al PalaVerde) che fa capire meglio cos'era la Misericordia.
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