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Francesco Galli, da giramondo a mental coach

Una professione particolare quella del mental coach sempre più in voga. «Ma sono ancora tanti i tabù nel nostro paese» ammette Francesco

Non si diventa mental coach all’improvviso. Francesco Galli infatti dopo 8 anni vissuti fuori dall’Italia (Inghilterra, Germania e Olanda) ed aver viaggiato molto nel sud est asiatico ha compreso l’importanza che all’estero viene attribuita al benessere mentale. Ecco perché ha cercato di riportare anche in Italia ciò che ha provato sulla sua pelle, specialmente in un momento come quello attuale dove anche nel mondo dello sport l’aspetto mentale è fondamentale.

«Da quando è iniziata la pandemia data l’impossibilità a viaggiare ho deciso di investire le mie risorse nell’acquisire un certificato internazionale di Mental Coaching, affiancandolo al mio lavoro», afferma Francesco. «Ho iniziato questo percorso nel marzo del 2020 ed in questi due anni ho acquisito la doppia certificazione internazionale in Mental Coaching ACTP & PNL (Programmazione Neuro Linguistica). Inoltre, per poter allenare le persone sia a livello fisico che mentale ho conseguito un diploma da Fitness Trainer con il CSI, Centro Sportivo Italiano». (Qui il suo profilo instagram)

In cosa consiste il lavoro del mental coach?

«Il mental coach è una figura nata tra gli anni ’60 e ’70 in America. Da molto tempo troviamo esperti del settore in Europa ed ogni anno sempre più persone si affidano a queste figure. Ogni mental coach ha la propria specializzazione. Io da amante dello sport ho scelto di lavorare principalmente nell’ ambito sportivo supportando atleti di qualsiasi disciplina verso il raggiungimento dei propri obiettivi. La figura del mental coach non va assolutamente confusa per con lo psicologo, un professionista sanitario che opera nel campo della salute mentale, al quale ci si rivolge in presenza di patologie psicologiche. Il mental coach o “allenatore della mente” invece è una figura professionale focalizzata sul miglioramento delle performance. In altre parole, lavora sulla definizione degli obiettivi e del percorso per raggiungerli».

«L’approccio del mental coach» continua Francesco «è di supportare il coachee, ovvero il cliente, in modo da trovare consapevolezza, potenziare le sue capacità e supportarlo a programmare e raggiungere obiettivi che lo soddisfino. Inoltre alimentando anche la costanza necessaria per far si che questi vengano mantenuti nel tempo. Il mental coach guida a sperimentare nuove prospettive, ad instaurare un self talk positivo ed efficace, ad affrontare e rimuovere le false credenze che bloccano il percorso di crescita».

Che tipologie di persone hai supportato?

«Principalmente tanti ragazzi giovani, professionisti e semiprofessionisti che aspirano a fare il salto di qualità, tra i propri pensieri e l’ingerenza dei genitori. Dallo scoppio della pandemia in poi lo stop obbligato è stata una dura botta e tante persone non hanno ripreso a fare sport. Alcuni atleti hanno perso totalmente gli stimoli, alcuni ragazzi non escono di casa ed hanno perso totalmente la percezione del mondo esterno. Nei prossimi anni ci sarà sicuramente molto da lavorare».

«Senza alcun dubbio il trionfo di Marcel Jacobs alle Olimpiadi di Tokyo 2020 – realizzato in gran parte sotto il profilo mentale oltre che a quello fisico – ha dato manforte a questa professione. La sua Mental Coach Nicoletta Romanazzi, attraverso un lavoro portato avanti nei mesi, è riuscita a tirare fuori il massimo ed a fargli raggiungere obiettivi che sembravano irraggiungibili. Ciò che di Jacobs ha più impressionato è stata la sua reazione alla falsa partenza del britannico Hughes. L’atleta italiano rispetto agli altri infatti non ha mosso un muscolo perché era talmente concentrato sulla gara e sul risultato da non pensare ad altro attorno a lui».

In questo caso l’aspetto mentale in un atleta è fondamentale

«La mente entra in campo in qualsiasi occasione. Specialmente negli ultimi anni non solo gli atleti si sono accorti di quanto possa fare la differenze oltre al fisico. Avere il pieno controllo della propria mente migliora gli allenamenti e aumenta la consapevolezza nei propri mezzi. Prendendo per esempio chi prova a dimagrire vi è difficoltà nel mantenere questa volontà nel lungo periodo. Avrete sicuramente sentito persone che dopo le feste ammettono che da domani iniziano la dieta, ma poi dopo poco tempo cedono e lasciano perdere perché non focalizzati mentalmente nel vero obiettivo».

«Spesso a chi mi domanda «Come faccio a dimagrire?» rispondo sempre con una contro domanda: «Come hai fatto ad ingrassare?». In questo modo la persona comincia a ragionare ed attraverso il lavoro e le giuste domande la mente del cliente inizia a cercare le risposte e la consapevolezza per una soluzione reale da mantenere nel tempo. Volere il tutto e subito è una concezione impossibile che induce il Coachee a ricascarci. Lavorare sulla propria testa comporta grande sacrificio e forza di volontà».

La concezione del tuo lavoro in Italia.

«Attualmente anche nel nostro paese c’è un incremento dei mental coach perché tante persone si rendono conto di quanto sia fondamentale lavorare sulla propria testa per raggiungere un benessere completo. Se sei uno sportivo e non alleni la tua mente rimarrai sempre un passo indietro rispetto a chi invece ha deciso di intraprendere questo tipo di percorso. Vi è sempre una titubanza nell’iniziare, specialmente in Italia dove ancora oggi perfino un professionista sanitario come lo psicologo viene visto come colui che cura i matti e se ti affidi ad esso vieni immediatamente giudicato negativamente. All’estero infatti non è così».

«Nei paesi dove ho vissuto lo psicologo ad esempio è un supporto essenziale in quanto il livello di stress per le continue pressioni lavorative raggiunge livelli altissimi ed è alto il rischio di sfogare lo stress su persone vicine che non c’entrano niente . In paesi come l’ Olanda, la Germania e l’ Inghilterra lo Stato ti incentiva anche attraverso bonus. Purtroppo qui da noi invece è arrivato il recente taglio in un periodo storico in cui il consulto di specialisti sarebbe indispensabile. Da Mental Coach non dovrei dare consigli ma in questo caso faccio uno strappo alla regola perché voglio mandare un messaggio a chiunque senta il bisogno di un supporto mentale ma che allo stesso tempo ha paura ad intraprendere un percorso simile, – fregatevene dei giudizi della gente e pensate alla vostra salute ed al vostro benessere».

Nella tua pagina instagram parli di percorso “divertente”: cosa intendi?

«Riguarda l’interattività ovvero le tante cose che si possono fare con la persona che si ha davanti. Esistono tante metodologie diverse, dal lavoro sulla respirazione alle tecniche di PNL. Tra il coach e il coachee è essenziale che si crei un rapporto di fiducia altrimenti è impossibile lavorare serenamente ed ottenere i risultati sperati. La durata? Per essere efficace e non creare una dipendenza il percorso non deve protrarsi per un lungo periodo, con un massimo di 8-10 sessioni ripetibili nel tempo».

Ti soffermi anche sulla false credenze e gli autosabotaggi.

«Specialmente negli sportivi sono quei pensieri che ti autodistruggono ovvero pensare una cosa che in realtà non è vera. Quelle concezioni negative che hai solo tu nella testa e che per fare il salto di qualità e spiccare il volo devi risolvere. Nell’ultimo anno più che occuparsi di obiettivi sportivi tante persone hanno avuto problemi sul come ricominciare a fare sport, come ritrovare la voglia di uscire di casa, come far fronte ad una positività e ripartire. Ogni caso è specifico ed unico e non si può accomunare con altri».

Infine come lavora un mental coach su un infortunio?

«Anche in quel caso devi lavorare sull’obiettivo, concentrarti e riuscire a far lavorare la persona che hai davanti. L’obiettivo sarà scacciare i pensieri negativi che subentrano e focalizzando il coachee sul recupero e sul rientro. Cercare di far comprendere all’atleta che questa è una condizione momentanea e che è destinata per forza di cose a migliorare. Molte volte capita di trovare resistenze da parte del coachee, dettate dallo sconforto. Attraverso un lavoro di respirazione e di domande mirate è possibile comunque farlo rientrare nei giusti binari. Chi lavora mentalmente durante il periodo di un infortunio è meno propenso a ricadute e cambiamenti comportamentali. Ecco perché è sempre consigliato di affidarsi a professionisti del settore come mental Coach o psicologi».

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Assurdo amante della storia (da prenderci due lauree) e del calcio (da confondere van Basten con van Gogh), considera ancora il televideo più veloce di alcune app. Per lui la domenica senza calcio è un lunedì venuto male.

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