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Ciclismo

Di Grande e Selvaggi a Pistoia Sport Live: «Il Tour vetrina per Montecatini»

Di Grande e Selvaggi a PSL

Una bella chiacchierata con gli ex ciclisti Giuseppe Di Grande e Mirko Selvaggi, fra i protagonisti nelle epoche di Pantani e di Contador

Tanti spunti di riflessione ed aneddoti con Giuseppe Di Grande e Mirko Selvaggi nella dodicesima puntata di Pistoia Sport Live. Ospiti nel nostro salotto del lunedì sera, i due ex ciclisti hanno affrontato un tema caldo nella Valdinievole e non solo: la partenza del Tour de France a Firenze. Un evento che vedrà Montecatini in prima fila sul piano della logistica e che sarà una bella occasione per vedere tante squadre e corridori di prim’ordine sulle strade della provincia di Pistoia. Inoltre, c’è stato anche il tempo per qualche ricordo delle proprie carriere facendo un piccolo omaggio a grandi nomi del passato come Marco Pantani e Franco Ballerini.

DI GRANDE E SELVAGGI ENTUSIASTI DEL TOUR IN TOSCANA

«Il Tour c’est le Tour – esordisce Di Grande – poter ospitare una kermesse così speciale è un onore. Per la Toscana sarà di sicuro una grande occasione per fare introiti e vivere una bella esperienza». «Soprattutto gli albergatori ed i ristoratori – aggiunge Selvaggi – potranno avere un grande ritorno d’immagine. Sono previste oltre 650 mila presenze in quella settimana, perciò soprattutto per Montecatini, in cui ultimamente il turismo non va a gonfie vele, è un’occasione d’oro».

«Oltretutto – proseguono Di Grande e Selvaggi in tandem – la partenza permette di vedere i corridori sulle strade circa una settimana prima. Di solito nelle corse a tappe si cambia albergo ogni giorno, invece in questa circostanza le squadre arriveranno molto prima per prepararsi, ambientarsi e mettere a punto i briefing per i primi giorni. Per chi abita da queste parti è un sogno vedere Vingegaard, Pogačar e tutti i migliori al mondo allenarsi in Valdinievole e magari pure trovarli in pausa nei bar o nei ristoranti locali».

IL NONO POSTO AL TOUR ’98 OTTENUTO DA DI GRANDE

La magia di correre al Tour Giuseppe Di Grande la conosce bene. Nel 1998 il siracusano poi stabilitosi in Valdinievole giunse nono con la maglia della Mapei nell’edizione che vide il trionfo, a pochi mesi dalla vittoria al Giro d’Italia, di Pantani. «Ero in una delle migliori squadre al mondo in quel periodo ed ebbi totale autonomia. La punta di diamante infatti era Pavel Tonkov che però puntò a fare bis al Giro e mi lasciò il ruolo di capitano nella Grande Boucle».

Una prestazione da ricordare seppur con un piccolo rimpianto: «Arrivai a 17 minuti da Marco ma gran parte del distacco lo presi nelle tappe a cronometro! Nella prima mi ricordo che Jan Üllrich, il più forte corridore a cronometro di quegli anni ed uno dei migliori di sempre in questa specialità, mi diede 14 minuti! Non dico che senza le crono forse sarei potuto persino andare sul podio, tuttavia qualche posizione in più potevo guadagnarla».

«Ma è stato comunque un grande piazzamento – s’inserisce Selvaggi – perché in quegli anni c’erano tantissimi corridori di grosso calibro. Io sono passato professionista poco dopo di lui e ad ogni corsa a tappe c’erano una quindicina di grandi candidati alla vittoria. Solo per fare alcuni esempi: Armstrong, Basso e Contador e Vinokourov di cui sono stato compagno di squadra all’Astana. Adesso il livello degli specialisti delle corse a tappe è troppo alto: si fa fatica a trovare seri favoriti dopo Vingegaard e Pogaćar». 

“SENZA UNA SQUADRA ITALIANA NEL WORLD TOUR NON TORNEREMO AI FASTI DEL PASSATO”

Ancor più preoccupante la situazione se si restringe lo sguardo all’Italia. «Il problema principale è che manca una grande squadra come possono essere l’UAE, l’Ineos e la Lotto – Jumbo nelle corse a tappe e l’Alpecin nelle classiche di un giorno. Quando ho iniziato in provincia di Pistoia c’erano almeno una quindicina di società ciclistiche, ora ce n’è una».

«Ed inoltre – spiega Di Grande – potevi trovare nelle nostre zone ad allenarsi nomi altisonanti come Sorensen, Tafi, Scinto ed anche il povero Franco Ballerini. Adesso, nonostante in Toscana abbiamo un clima ideale che all’estero ci invidiano, soprattutto in Belgio dove vanno in bici anche con temperature prossime allo zero, il centro del ciclismo si è spostato verso la Spagna o altri paesi».

«L’augurio – conclude Selvaggi – è che il Tour in Italia possa convincere qualche grande azienda a tornare ad interessarsi al ciclismo. Se non dovesse giungere un simile interesse temo che saremo costretti ad abituarci al livello che stiamo oramai vivendo da qualche stagione. Negli anni ’80 e ’90 in Francia andavamo in gran numero per vincere almeno qualche tappa sperando nella Maglia Gialla. Ultimamente siamo sì e no una decina e facciamo fatica ad essere protagonisti. E meno male che ci sono stati Vincenzo Nibali che ha vinto nel 2014 e Giulio Ciccone che l’anno scorso ha portato la Maglia a Pois fino a Parigi a più di vent’anni da Claudio Chiappucci».

TRE NOMI DA CUI RIPARTIRE

Magari le possibilità di avere un nome trainante, come Jannik Sinner nel tennis, sono ancora lontane, tuttavia qualche buon prospetto non manca secondo Selvaggi. «Filippo Ganna è un ragazzo che c’invidiano tantissimo e di cui ancora su strada non abbiamo visto tutte le potenzialità. Un altro è Jonathan Milan che come lui va forte su pista ma che può essere un grande velocista ed ha tutte le carte in regola per divenire un top. Poi per le corse a tappe vedo benissimo Antonio Tiberi».

Un nome che convince anche Di Grande. «Tiberi secondo me può davvero crescere tanto soprattutto per un aspetto: è molto forte a cronometro. Un pregio che in questi eventi, soprattutto ultimamente, è un bel vantaggio. A memoria solo Pantani, che in quel Tour 1998 arrivò ultimo nella prima cronometro, aveva le capacità di sopperire con le sue inarrivabili qualità in salita».

«Bisognerà prendere spunto dalla pista – aggiunge Selvaggi – dove abbiamo due allenatori top come Marco Villa e Marco Velo. Se su strada lavoreremo bene come abbiamo fatto in quel settore, in cui siamo al vertice del movimento anche grazie alla ricerca dei materiali all’avanguardia, possiamo prima o poi tornare a catturare l’attenzione del pubblico anche più giovane».

IL CONNUBIO FRA IL CICLISMO E LA TOSCANA

Una risalita che potrebbe essere favorita anche dalla Toscana stessa, da sempre terra ideale per gli allenamenti dei ciclisti come conferma Di Grande. «Non si trovano molti posti così. Qui si possono trovare salite di tutti i livelli e pure molto toste come San Pellegrino in Alpe o l’Abetone o anche il Sammommé sempre qui a Pistoia. Allo stesso tempo, come dicevamo prima, il clima è spesso favorevole e non è un caso che le squadre, per le prime pedalate dell’anno, vadano in località come Donoratico o San Vincenzo già a fine gennaio o febbraio».

«E poi come si mangia qui non si mangia da nessun’altra parte del mondo – conferma Selvaggi –. Ricordo che quando correvo io facevamo delle grigliate ad inizio stagione che erano talmente buone e abbondanti che dovevamo stare attenti a non esagerare. Purtroppo spesso beccavamo dei virus e dovevamo ripartire con la preparazione da capo. Adesso a quest’aspetto stanno molto più attenti con i cuochi personali, mentre sovente scelgono la Spagna per un discorso economico. Su quello forse avranno ragione, ma mangiano comunque peggio ed il problema dei virus è anche più incombente!».

POGAČAR ED IL SOGNO DOPPIETTA

Fra i tanti temi di questa stagione ciclistica ci sarà il sogno di Tadej Pogačar che andrà a caccia della doppietta Giro – Tour. Impresa compiuta solo da grandissimi come Fausto Coppi, Eddy Merckx, Bernard Hinault, Jacques Anquetil, Stephen Roche, Miguel Induraìn e lo stesso Pantani che la colse proprio nel 1998.

Di Grande è fiducioso ma è cauto con le aspettative: «Sarà senz’altro curioso vederlo all’opera nella Rosa. Le qualità le ha ed anche la squadra è ottima. Tuttavia l’impresa è riuscita a pochi e per compierla bisogna anche trovare le giuste condizioni e magari anche qualche colpo di fortuna».

IL GRANDE ESEMPIO DI PANTANI

«Pantani stesso in quell’edizione che stiamo ricordando forse non ce l’avrebbe fatta se, oltre alla cronometro che abbiamo citato, avesse trovato qualche asperità nelle prime tappe. La fortuna sua fu che le prime undici frazioni erano quasi interamente in pianura e nessuno tentò di preparare qualche ventaglio per metterlo nei guai. Perciò poté entrare in forma con più calma».

Selvaggi a proposito ricorda un aspetto: «Giuseppe Martinelli, che era il suo ds, ricorda sempre che lui in sella c’era tornato solo uno o due giorni prima. Dopo che aveva vinto il Giro, Marco aveva fatto un po’ di festa e aveva staccato per qualche settimana e la bici la ritoccò praticamente al Tour. Questo riassume benissimo che tipo di fenomeno fosse: un corridore normale, senza un’adeguata preparazione di due o tre settimane, alla seconda tappa sarebbe già risalito in ammiraglia. Lui quel Tour non solo lo proseguì ma lo vinse!».

«Marco era speciale, non si può negarlo – aggiunge Di Grande – e poi con la Mercatone Uno apportò tante novità anche sul piano tattico. Prima ad esempio non si vedevano le squadre pedalare in gruppo a ranghi compatti. Si vedevano con molta più facilità le maglie delle varie formazioni sparse per tutto il plotone. Pantani ed il suo team invece, così come Mario Cipollini alla Saeco, iniziarono a correre in formazione e da allora tutti cercano di non sparpagliarsi anche nelle tappe più semplici». 

IL COMMOSSO RICORDO DEL BALLERO

In chiusura un ricordo per il grande Franco Ballerini che è stato compagno di squadra di Di Grande alla Mapei nella fine degli anni ’90. «Io e il Ballero siamo stati anche compagni di stanza in quel periodo. Ha lasciato davvero un grande vuoto. È stato uno dei più forti ciclisti toscani del recente passato e soprattutto l’emblema del ct della Nazionale insieme ad un altro grande toscano come Alfredo Martini».

«Un lavoro ancor più impreziosito – conclude Selvaggi – dal fatto che sia riuscito a far gruppo nonostante i tanti talenti e le grandi personalità nella squadra. Basti pensare a Zolder 2002 quando riuscì a convincere Alessandro Petacchi, uno dei migliori velocisti italiani di sempre, a mettersi a disposizione di Cipollini. Il treno che fu organizzato in quel Mondiale ha fatto scuola. E poi ha firmato i capolavori con Paolo Bettini ad Atene 2004 ed ai Mondiali 2006 e 2007 con la ciliegina di Ballan e Cunego primo e secondo a Varese 2008. Come Martini è stato semplicemente unico».

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Classe '93, laureato in scienze politiche, studi in comunicazione. Appassionato di sport fin dalla tenera età. Tra le discipline più seguite i motori, il ciclismo e ovviamente il calcio.

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